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I piatti preferiti di chef Totu per la festa di San Martino

Novembre 8th, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “I piatti preferiti di chef Totu per la festa di San Martino”

San Martino è la festa che ricorda la leggenda del Santo di Tours che durante una notte gelida scese da cavallo per regalare il suo mantello rosso da soldato ad un poverello incontrato lungo la strada. Da moltissimi anni ormai, l’11 novembre si è soliti festeggiare questa ricorrenza. Per ricordare quel senso di carità e gentilezza che all’epoca contraddistinse il Santo.

In alcune regioni, soprattutto in Sicilia, Calabria e Puglia, questa festività è particolarmente sentita. Per i contadini era e lo è tuttora, la data che segna l’inizio dell’inverno, dove si è soliti anche gustare il vino novello. L’ apertura delle botti coincide con l’inizio della festa.

Nel territorio salentino, la festa di San Martino è inserita nella tradizione popolare. La cena inizia imbandendo la tavola con moltissime pietanze pugliesi. Le pittule e le castagne, ad esempio sono le componenti culinarie fondamentali. Vengono entrambe accompagnate dal buon vino novello fatto in casa.

Una vera e propria occasione per ritrovarsi assieme alla famiglia e amici e passare ore spensierate tra buon cibo, vino e il tepore del caminetto. D’altra parte, è davvero molto difficile dire di no ad un buon calice di vino fatto in casa accompagnato da caldarroste appena tolte dalla brace e ad altre gustosissime pietanze.

Le pittule

Per chef Totu, in occasione di questa tradizionale cena di San Martino, non possono ovviamente mancare sulla tavola le pittule. Lui predilige quelle alla pizzaiola! Si possono preparare in vari modi, con il cavolfiore, con le rape, semplici ed anche con lo zucchero. Per chi non le conoscesse, si tratta di palline di pasta lievitata molto morbide che vanno fritte in olio extravergine d’oliva bollente. Possono essere dolci oppure salate da accompagnare con l’intingolo che più piace. Totu ci racconta di quando da bambino, prendeva le pittule di nascosto perché non riusciva ad aspettare l’ora di cena. Dice: “Le passavo da una mano all’altra perché erano ancora molto calde, a me piacevano così”.

Grigliata di carne

Dall’antipasto si passa direttamente al secondo di carne: salsiccia arrostita dolce e piccante. La tradizione, infatti prevede che le pietanze principali siano dei piatti a base di carne e questa ricetta è una vera chicca della storia della cucina pugliese. Si prepara la brace sin dal pomeriggio, si crea l’atmosfera giusta per la grande grigliata di carne della sera.

Al secondo di carne, c’è anche un’alternativa! Le favenette con le cicurredhre e il pane tostato. Si tratta di un purè di fave con al centro della cicoria saltata e del buon pane per accompagnare. Entrambi i secondi prevedono lo stesso contorno: rape ‘n fucate! Ovvero cime di rapa stufate.

Le castagne per la festa di San Martino

All’ interno del menù non possono mancare le buonissime castagne arrostite al fuoco. Il momento più bello e intimo della serata, secondo chef Totu. Ci si avvicina per controllare la cottura delle castagne ma anche per fare delle chiacchiere più personali. Un momento della serata molto piacevole. La tradizione di questo periodo prevede la cotognata leccese, una confettura particolare e saporita di mele cotogne. L’intera cena non può che essere accompagnata da dell’ottimo vino novello prodotto in casa.

Non ci rimane, quindi, che approfittare della festa di San Martino per trascorrere un po’ di tempo in compagnia facendoci incantare dalle meraviglie della tavola pugliese. Buon San Martino a tutti!

Tradizioni d’autunno: è il momento delle castagne

Ottobre 27th, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Tradizioni d’autunno: è il momento delle castagne”

Con l’arrivo dell’autunno e dei primi freddi, ci viene subito voglia di gustare delle squisite castagne davanti al fuoco. In questo periodo in Salento c’è l’abitudine di sedersi vicino al camino e farle cuocere lentamente. Accompagnate solitamente con un buon calice di vino rosso.

In tempi più remoti, le nostre nonne arrostivano le castagne sul braciere. Di solito dopo la cena, ci si metteva intorno ad esso e tra una chiacchiera ed un’altra si gustavano le caldarroste. Anticamente le castagne costituivano un ingrediente ricorrente nella cucina locale, poiché nel corso dell’autunno crescevano spontaneamente. Fungevano addirittura da baratto nel corso delle compravendite con gli altri territori limitrofi.

Data la loro bontà e particolarità, erano diventate moneta di scambio per la buccia molto dura e il sapore intenso. Ancora oggi è molto ricercata!

La zona di raccolta delle castagne

In realtà, raccolta di questo frutto non avviene direttamente in Salento. Per crescere adeguatamente il castagno ha bisogno di essere piantato a circa 700 metri dal livello del mare.
Pertanto, ancora oggi le castagne vengono importate dai luoghi montuosi vicini e gustate in compagnia della propria famiglia, cotte al camino. In alternativa, si è soliti cucinare le castagne all’interno di deliziose ricette tradizionali, dalle quali è possibile prendere spunto per un pranzo o una cena gustosi.

Ricette a base di castagne in autunno

Ecco un’idea semplice per mangiare le castagne, che richiede del tempo per essere preparata, ma è la preferita del nostro chef perchè rimanda alle antiche tradizioni salentine. Ci riferiamo alle castagne secche, le cosiddette Pastiddhre che in passato rappresentavano il tipico pasto dei lavoratori al rientro dal lavoro nelle fredde giornate d’inverno. La lunga conservazione e il prezzo modico, le rendevano un piatto ideale. Una volta cotte infatti, le castagne secche hanno il potere di riscaldare e rinvigorire, con gusto. Chef Totu ancora ricorda che da bambino era solito prenderne una manciata prima della cottura, per sgranocchiarle durante il gioco.

Un altro modo di gustare le castagne se siete amanti della semplicità a tavola, è quello di cuocerle all’interno della pignatta, aggiungendo dei gustosi fagioli che forniscono una nota di sapore ulteriore all’intera composizione.

Una ricetta davvero originale e tipica è poi la minestra di castagne. Con il suo calore riuscirà a scaldare anche le giornate più fredde. Il primo passo da compiere per prepararla è quello di lasciarle a bagno una notte nell’acqua, facendo attenzione a rimuovere la pelliccia rossa che è rimasta attaccata.
Versatele poi in una pignatta insieme ad una generosa dose di acqua calda, un filo di olio extra vergine di oliva, prezzemolo tritato e sale quanto basta. Lasciate insaporire il tutto finché le castagne non avranno assunto una consistenza morbida e schiacciatele con una forchetta, in modo che si crei una crema densa e deliziosa. Servitela ancora calda e accompagnatela con dei crostini precedentemente abbrustoliti in forno.

I piatti della tradizione sono sempre una garanzia. Per questo Chef Totu cerca di raccontare tutto ciò tramite i suoi piatti.

L’arte culinaria leccese: le sagne ‘ncannulate

Agosto 31st, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “L’arte culinaria leccese: le sagne ‘ncannulate”

Il Salento offre delle scelte culinarie davvero gustose, capaci di soddisfare ogni tipologia di palato. Non a caso Salento e buon cibo sono sempre collegati tra loro! Sono molte le ricette tipiche di questa zona, ma il piatto che non può assolutamente mancare sulle tavole dei salentini sono le sagne ‘ncannulate. Proseguendo nella lettura di quest’articolo, scoprirai tutti i segreti di questo magico piatto, capace di rendere felice chiunque lo gusti.

Le sagne ‘ncannulate: uno squisito primo piatto

È da sempre risaputo come le massaie salentine tengano per loro segreti magici, capaci di regalare ai loro piatti sapori quasi inimitabili. Più precisamente, le sagne ‘ncannulate, che in alcune zone del basso Salento vengono chiamate sagne torte (ritorte), non sono altro che la pasta fatta in casa, a forma allungata e attorcigliata, molto simile alla tagliatella, che viene prodotta con specifici movimenti delle mani.

La tradizione delle lasagne a nastro è molto diffusa in Italia, partendo dalle pappardelle toscane, fino alle lasagne della Lucania. Tuttavia, seppur molto simili, le sagne ‘ncannulate sono le uniche a non prevedere l’aggiunta di uova. Per realizzarle, andranno uniti farina di semola di grano duro, sale e acqua, fino a creare un impasto morbido, liscio all’esterno, dal quale andranno poi ricavate delle striscioline di pasta, le quali dovranno essere arrotolate intorno al dito e ritorte. In maniera tale da farle diventare appunto ‘ncannulate.

Sugo e ricotta: un condimento tradizionale per questo piatto

I pugliesi si rivolgono alla ricchezza del loro territorio anche per la realizzazione dei condimenti. L’abbinamento tradizionale delle sagne ‘ncannulate è quello con sugo e ricotta. La Puglia è la regione che detiene il maggior numero di varietà di pomodori su tutto il territorio nazionale. Il misto di sapori dati dal sugo e dalla ricotta farà sì che le sagne assorbano un gusto forte e deciso, in grado di soddisfare anche i palati più raffinati.

La cucina tradizionale è il punto forte de La Vecchia Osteria! Chef Totu infatti, ama far assaporare ai propri clienti il vero Salento. Prepara dei piatti unici e dal sapore inimitabile, come ad esempio, le sagne ‘ncannulate. Gustarle da veri maestri della cucina salentina renderà tutto molto più interessante e piacevole.

Dopo aver avuto queste informazioni, non potrai più esimerti dal mangiare le sagne ‘ncannulate, capaci di regalarti momenti di massimo piacere per te e per il tuo palato.

La nascita della frisella salentina e la sua evoluzione

Luglio 29th, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “La nascita della frisella salentina e la sua evoluzione”

Friseddhra è il termine originario di quella che tutti conosciamo come frisella o addirittura frisa. Tradizione povera del Salento e dalle origini molto antiche. Infatti, nasce dalla necessità dei contadini di avere sempre in casa un alimento nutriente che andasse a sostituire il pane fresco, considerato un lusso per pochissimi.

La nascita della frisella salentina

La frisella ha un impasto formato da sale, acqua, lievito e farina di grano duro. A volte viene fatta anche con la farina d’orzo. Quest’ultima, molto più povera, solitamente veniva impiegata come alimento per il bestiame ma molto nutriente. Le farine raffinate erano solo per i nobili e i signori. I contadini invece, utilizzavano l’orzo e il grano duro per ottenere un pane dalla consistenza compatta e grezza, ma dal gusto deciso e molto nutriente.

La cottura della frisella è molto interessante. Inizialmente la si faceva cuocere all’interno del forno a legna tradizionale, quando veniva acceso una volta a settimana per cucinare ciò di cui si aveva bisogno. Il forno veniva portato a temperature elevate, fino a 400 gradi e alimentato con della legna molto secca, come ad esempio rami di quercia o di ulivo. Una volta ottenuta la brace, con dei ramoscelli verdi venivano spostate in un angolo e adagiato il pane sul fondo, ben coperto fino alla fine della cottura. Quando il forno veniva spento, si lasciavano le friselle al suo interno, tagliandole a metà in modo da renderle asciutte e dure. In questo modo potevano essere conservate per addirittura diversi mesi.

La sua evoluzione

Oggi, proprio come un tempo, la frisella si fa rinvenire nell’acqua per ammorbidirla quanto basta. In dialetto salentino questa tecnica viene chiamata “sponzare”. Ecco che ottenuta la morbidezza, la frisella è pronta per essere condita a proprio piacere.

Sapete come piace gustarla al nostro chef Totu? Nel modo classico: olio e pomodoro fresco tagliato a cubetti! Ma la sua preferita in assoluto la condisce con i pomodorini saltati in padella (li pummidori schiattariciati).

In quest’era moderna è nata anche la frisella gourmet come, per esempio con il polpo scottato e molto altro.

Tradizionalmente, la prima frisella dell’anno non viene mangiata in estate, come si crede, ma tra febbraio e marzo quando cominciano a comparire le prime rucoline selvatiche. Da questo periodo dell’anno, sulle tavole salentine la frisella non manca mai! Il condimento tradizionale per eccellenza è con il seme di pomodoro fiaschetto, un pizzico di sale grosso ed una generosa dose di olio extravergine di oliva.

Chef Totu ci racconta come nasce la puccia leccese

Giugno 23rd, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Chef Totu ci racconta come nasce la puccia leccese”

La città di Malennio, così veniva chiamata Lecce nel XIII secolo in nome del re dei Salentini, Malennio, è in grado di stupire e ammaliare ogni visitatore. Questa scoperta e molto importante poiché ci permette di comprendere le ragioni di una tradizione così radicata: la puccia leccese.

Il Salento, oltre che per la sua storia è famoso per la sua cucina. Nel corso dei secoli i cuochi sono stati in grado di dar vita a piatti gustosissimi e originalissimi, ma soprattutto, sono stati in grado di realizzarli con ingredienti semplici e poveri.

Uno dei piatti più tipici di questa terra è senza dubbio la puccia Leccese. Questa pietanza è una vera e propria leccornia che si dispone a pari posto dei caffè in ghiaccio con il latte di mandorla, afferma il nostro Chef Totu! Una pietanza da assaggiare ad ogni costo, oltre che essere un piatto gustosissimo ad ogni morso è possibile assaporare un pezzo di storia, un’esperienza unica.

Cos’è la puccia leccese?

La puccia leccese è essenzialmente pane che grazie ad una lavorazione molto particolare, risulta avere meno mollica. Il suo diametro solitamente varia tra i venti o trenta centimetri e, proprio grazie all’assenza di mollica al suo interno, diventa molto semplice imbottirle e creare in questo modo un panino decisamente ricco.

Questa preparazione, sebbene originaria di Lecce, è ormai diffusissima in tutto il Salento. Come molti cibi della tradizione, la puccia è un piatto povero, di strada, nato dalla necessità di utilizzare ingredienti semplici che fossero in grado di dare origine a qualcosa di straordinario. La lavorazione che consente di ridurre la percentuale di mollica permette di utilizzare meno pasta. Una caratteristica molto importante quando secoli fa le carestie imponevano un razionamento delle risorse alimentari. Questa, unita alla farcitura realizzata con gli alimenti tipici della tradizione ovvero zucchine, peperoni, cime di rapa, salumi e latticini, hanno permesso di rendere questo cibo accessibile a tutti favorendone, nel corso del tempo, la diffusione. Insomma, un piatto semplice che sazia e appaga il gusto.

Una storia di successo!

La storia della puccia Leccese, come abbiamo già visto in precedenza, è contornata dalla semplicità e dalla povertà. Ebbe inizio a Trepuzzi, piccolo centro poco lontano da Lecce.

Il pizzaiolo Giovanni Caccetta decise, dopo aver formato e pirlato l’impasto della pizza, di cuocerlo direttamente nel forno a legna. La cottura a temperature elevate consente di creare un pane più duro di quello caratteristico con meno mollica e facile da riempire. Nacque così, la puccia leccese.

Le varianti di questo gustosissimo piatto sono molteplici e si concretano nella “puccia caddhipulina”. Questa puccia, a differenza della variante leccese, è realizzata con una percentuale maggiore di mollica. Questo consente di creare un panino più morbido e di conseguenza, di dimensioni maggiori. Un piatto povero, semplice, ma come tutti i piatti della traduzione gustosissimo!

Chef Totu ortaggi km 0

Ecco lo chef contadino di Lecce: l’orto è la dispensa del suo ristorante

Luglio 8th, 2020 Posted by Cucina Tipica Salentina 2 thoughts on “Ecco lo chef contadino di Lecce: l’orto è la dispensa del suo ristorante”

Una cucina particolare quella di Chef Totu che si degusta nel suo rinomato ristorante La Vecchia Osteria a Lecce.

Non usa ingredienti segreti e la sua cucina è quella tipica salentina fedele a ricette antichissime. Eppure un segreto c’è e qui ve lo sveliamo!

verdura la vecchia osteria lecce

«Nei miei piatti voglio trasmettere la sensazione di passeggiare nell’orto. I miei clienti più affezionati lo sanno bene: ricordano un sapore preciso e quando prenotano mi chiedono se sarà possibile assaggiare nuovamente quella determinata verdura. Ma tutto dipende dalle stagioni».

«La grande cucina si fa nel campo», ripete il custode delle tradizioni della cucina del Salento. Siamo ben oltre il concetto di localismo e chilometro zero. In ogni regione d’ Italia (e ancora di più all’ estero) crescono i ristoranti con un “back garden”, non solo in campagna e in provincia ma anche nei (quasi) centri cittadini.

Non è solo una moda: mangiare cibo sano è sempre più una necessità e una precisa scelta, per molti. La filosofia del km 0 è portata avanti da molti ristoratori, proprio per offrire freschezza e qualità e prodotti strettamente locali.

Cosa significa “cibo a km 0”

Il cibo a km 0, detto anche “a filiera corta”, non viene importato da lontano, ma arriva dallo stesso territorio del luogo in cui viene consumato. In questo modo, si evitano passaggi come il trasporto, il lavaggio industriale e la fase di packaging.

verdure ristorante lecce
La cucina di Chef Totu punta sul km 0

A La Vecchia Osteria viene proposta una cucina locale incentrata sulla tradizione, a base di prodotti tipici a km 0, che vuole trasmettere quotidianamente il valore del cibo genuino.


Da sempre, la materia prima fresca è il cuore del ristorante di Chef Totu e della sua famiglia, che hanno fatto del territorio e della tradizione il loro punto di forza. Protagonisti del menù de La Vecchia Osteria, ristorante nel cuore del centro storico di Lecce, a due passi da piazza Sant’Oronzo, piatti preparati utilizzando esclusivamente con prodotti locali, coltivati e appena raccolti negli orti di Chef Totu, senza aver dovuto affrontare lunghi viaggi in autostrada.

raccolta verdure ristorante lecce

peperoni melanzane ristorante lecce

orto ristorante lecce

Inoltre, tutti gli alimenti utilizzati sono stati coltivati seguendo il ritmo delle stagioni e senza l’uso di pesticidi. In tavola, ai clienti, viene offerto un menù sempre diverso, che cambia a seconda della stagione e dei prodotti che il territorio offre in quel determinato periodo dell’anno. Anche questo è uno degli aspetti speciali de La Vecchia Osteria!

zucchine ristorante lecce

zucchine e fiori di zucca ristorante lecce

verze la vecchia osteria lecce

verdura la vecchia osteria lecce

ristorante prodotti chilometri 0 lecce

raccolta peperoni ristorante lecce

orto la vecchia osteria

melanzane ristorante lecce

cipolle ristorante lecce

verze la vecchia osteria lecce

dolci natalizi salentini

Natale nel Salento: i dolci della tradizione

Dicembre 18th, 2019 Posted by Cucina Tipica Salentina, Dolci tipici 0 thoughts on “Natale nel Salento: i dolci della tradizione”

Tutti conoscono il Salento come una delle mete turistiche più ricercate. Con il suo mare cristallino, le bellezze artistiche barocche, le città e i borghi più piccoli è il luogo perfetto in cui trascorrere qualche giorno di relax. Anche a Natale potrai passare un periodo di vacanza in questo angolo di Puglia così caratteristico e godere delle prelibatezze gastronomiche locali. Sarà l’occasione perfetta per assaporare i dolci della tradizione che nel periodo delle feste sono veramente numerosi.

I dolci natalizi salentini

Tra le specialità più apprezzate ci sono certamente Li purceddhruzzi, i protagonisti assoluti della tradizione salentina. Una specialità semplice da preparare che appartiene alla tradizione povera. Essa viene realizzata con ingredienti semplici come farina, zucchero, miele e agrumi. La prima operazione da fare per realizzare Li purceddhruzzi è quella di preparare l’impasto. In seguito si tagliano delle porzioni di pasta di piccole dimensioni e dalla forma irregolare, che saranno poi fritte. L’operazione seguente consiste nell’immergerli dentro una pentola nella quale si trova del miele bollente. Al termine di questa operazione queste delizione palline vengono impiattate e decorate, secondo le varie ricette, con cannella, zucchero o mandorle locali finemente sbriciolate.

Un’altra specialità molto deliziosa sono le carteddhrate, conosciute anche come cartellate. Si tratta di dolci natalizi che sono tipici non solo del Salento ma di tutta la regione Puglia ed anche di parte della Campania. Secondo una leggenda che si perde nel tempo, questi dolci vengono realizzati con delle forme che ricordano i simboli del cristianesimo ed in particolare della natività, come il fascio che avvolgeva Gesù al momento della nascita e un’aureola. Anche in questo caso gli ingredienti per realizzare i dolci sono tipici della “cucina povera”, farina, zucchero, scorze sia di arancio che di limone. Una aggiunta che li rende unici è quella del mosto cotto di vino o del miele. Dopo la loro cottura questi dolcetti a forma di striscia vengono guarniti con prodotti come la granella di zucchero colorata, pinoli, mandorle.

Altri dolci natalizi tipici salentini la cui origine risale a tempi remoti, sono Li mustazzoli, presenti anche nella regione Sicilia, e provenienti dalla cultura araba comune alle due regioni italiane. Questi dolcetti hanno un cuore con cacao, zucchero e farina e sono ricoperti da una glassa di cioccolato molto golosa. Rispetto alle ricette precedenti, quella dei Li Mustazzoli, dolcetti molto aromatici, è più complessa, mentre gli ingredienti anche in questo caso sono molto semplici.

Ultime ma non di certo per golosità Le Pittule salentine fanno parte dello “street food” del Salento, ma nel periodo di Natale si trasformano in gustosi dolci. Le Pittule, realizzate con acqua e farina, sono palline di pasta fritta che normalmente si trovano nella versione salata, con aggiunta di ingredienti come il cavolfiore, i pomodorini, le acciughe o le olive. Solo nel periodo natalizio invece, queste palline vengono anche guarnite con del miele o con dello zucchero in granella, riuscendo a far impazzire, grazie al suo gusto, sia grandi che bambini.

Tutti i dolci natalizi salentini vi aspettano a La Vecchia Osteria, preparati secondo antica tradizione. Info e prenotazioni 0832-308057

pasta fatta in casa tipica salentina

La pasta fatta in casa tipica salentina: sapore e genuinità in tavola

Maggio 31st, 2019 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “La pasta fatta in casa tipica salentina: sapore e genuinità in tavola”

Il Salento è una delle zone italiane più tipiche e rinomate di Italia, qui potrete trovare delle meraviglie culturali e gastronomiche di origine pugliese e appunto più precisamente di origine salentine.

Tra i prodotti tipici più apprezzati troviamo senza ombra di dubbio la pasta fatta in casa, infatti, nel Salento è possibile trovare un ampia scelta di pasta tipica, che viene preparata in casa con le ricette che vengono tramandate da tempo per mantenere la tradizione.

Pasta fresca tipica salentina

Una delle paste più famose che potrete andare a provare è la tria essa è molto simile alle tagliatelle ma ha una forma più piatta e larga. Spesso la Tria viene servita con i “Ciceri”, essenzialmente una volta cotta la pasta si aggiungono ceci assieme a delle verdure come ad esempio carote, sedano e zucchine, che vengono precedentemente fritti con una speciale pastella.
Questo tipo di piatto ha origine antichissime e possiamo ancoratrovarlo tutt’oggi sulle tavole di tutte le famiglie salentine, è un piatto molto semplice da realizzare e gli ingredienti hanno un costo basso, dunque la rendono accessibile a tutti.

Una tipica pasta salentina fatta in casa sono anche i minchiareddhi. Sono realizzati con la farina di grano oppure con quella di orzo. Vengono preparati a mano con l’aiuto di un “fil di ferro” che quadrato di pochi millimetri di diametro, che serve a modellare la pasta nella forma allungata e bucata all’interno.

Un altro tipico formato di pasta fatta in casa salentina sono i troccoli, essi si presentano come dei tagliolini ma più spessi, risultano leggermente duri quando si mangiano e sono perfetti per essere abbinati con molti tipi di sugo.

I troccoli vengono preparati con una base di uova e farina di semola, una volta stesa, la pasta viene tagliata con un apposito mattarello che andrà a creare tanti troccoli in una volta sola, grazie a delle speciali sporgenze. Questa pasta viene servita il più delle volte con i classici aglio, oglio e peperoncino, aggiungendo però dopo la cottura anche una discreta quantità di pane raffermo o pan grattato, esso donerà ai vostri troccoli una consistenza e un sapore davvero unici.

Altro tipico formato di pasta del Salento sono le Sagne ‘ncannulate. Questo tipo di pasta è probabilmente il più buono e soddisfacente che potrete provare, la preparazione di questa pasta è davvero singolare, si tratta di lasagne che vengono arrotolate più volte, andando a creare un morbido involtino che sarà in grado di catturare il sugo in una maniera davvero unica.

Queste lasagne vengono spesso cucinate con il sugo di pomodoro e il basilico, essendo un sugo abbastanza liquido quello del pomodoro, penetra con facilità nelle pieghe delle lasagne arrotolate, ad ogni morso avrete la sensazione di gustarvi una polpetta piena di sugo più che un piatto di pasta. Esistono delle alternative per le Sagne ‘ncannulate ad esempio è uso comune, aggiungere dei legumi al piatto per renderlo più nutriente e gustoso.

Questi sono i formati di pasta fatta in casa più famosi del Salento, è possibile trovare moltissime varianti di questi piatti e esistono anche moltissime altre paste tipiche salentine, il consiglio è di provarle tutte, per non farvi scappare nessuna di queste prelibatezze che la Puglia ci offre. Non resta che augurarvi buon appetito!

ricette pasquali salentine

Le ricette pasquali salentine: fra storia e tradizioni gastronomiche salentine

Aprile 17th, 2019 Posted by Cucina Tipica Salentina 1 thought on “Le ricette pasquali salentine: fra storia e tradizioni gastronomiche salentine”

Anche la Pasqua ha i suoi piatti tipici. Durante il periodo pasquale, fanno la loro comparsa numerose specialità gastronomiche, soprattutto dolci. Vediamo insieme quali sono le specialità tipiche della tradizione salentina del periodo pasquale, immancabili sulle nostre tavole.

Delizie pasquali

I dolci i veri protagonisti delle tavole pasquali. Tra i dolci pasquali più antichi troviamo la Cuddhura o Cuddura. Simbolo della rinascita e dell’abbondanza, si regalava in segno augurale per essere consumata la domenica Santa. Il nome deriva dal greco antico kollura, che significa corona, e rappresenta un tarallo intrecciato di pane morbido arricchito con le uova sode avvolte al centro dell’impasto, presente sulle tavole il giorno di Pasqua.  Due le versioni: quella salata, con pane arricchito di olio e pepe, e quella dolce, a base di pasta frolla preparata con farina, olio e uova. E’ un dolce genuino e di semplice preparazione: l’impasto prima viene prima steso e poi tagliato secondo la forma desiderata, al centro della quale verrà sistemato un uovo sodo, che sarà fermato alla base con piccole strisce di pasta. Prima di infornare, la cuddhura viene decorata con degli zuccherini colorati.

Le simpatiche forme che prendono il nome di “Pupa” e “Caddhuzzu”, originariamente venivano scambiati tra fidanzati in segno augurale, che avrebbero consumato il proprio dono il giorno di Pasqua solo dopo la benedizione durante la santa messa della mattina. Con il passare del tempo sono diventati un regalo per i bambini, la Pupa per le femminucce, una bambola che porta in grembo un uovo sodo, simbolo di fecondità, e il Caddhuzzu (gallo) per i maschietti.

L’uovo è protagonista assoluto dei più tradizionali menù pasquali, insieme all’agnello, in ricordo del sacrificio di Gesù che secondo le Sacre Scritture diventa “Agnello di Dio” che toglie i peccati del mondo. Tipico del periodo pasquale è l’agnello di pasta di mandorle (pecureddhru), ricetta che nasce a Lecce per poi diffondersi nei decenni in tutta la penisola salentina. E’ realizzato con mandorle macinate, zucchero, marmellata di agrumi o di pere, faldacchiera e, a scelta, agrumi canditi. Spesso, è impreziosito da cioccolatini che sono posti sopra l’impasto e da bandierine o stendardi, simbolo della Resurrezione e del trionfo di Cristo sulla morte. La sua nascita è legata ai monasteri benedettini della città di Lecce, dove fu preparato la prima volta dalle suore Benedettine del Convento di San Giovanni Battista.

agnello pasta di mandorle

Non possiamo non citare i Quaresimali, che hanno già nel nome la loro identità. Sono biscotti tipici del periodo quaresimale, durante il quale era vietato mangiare carni o derivati. Prodotti con ingredienti semplici e genuini come con mandorle, zucchero, farina e uova, si rifanno ad una antica ricetta della tradizione gastronomica e sono ancora oggi presenti sulle tavole pugliesi e del Salento. Possono essere degustati a fine pasto accompagnati da un vino moscato.

Un primo piatto tipico da servire il giorno di Paqua è la gustosissima pasta al forno, con polpettine, uova sode, scamorza affettata e pezzetti di salumi (a volte, per renderla ancora più gustosa, viene aggiunto anche la ricotta). In molti paesi, come a Tricase, vi è ancora l’usanza di grattugiare del pane e poi friggerlo, per condire la pasta, la cosiddetta muddhica.

Sulle tavole pasquali immancabili anche secondi piatti a base di carne, come l’agnello cucinato al forno con le patate o i turcineddi, ovvero spiedini di interiora d’agnello, avvolti con il budello dal sapore deciso e prelibato, cotti alla brace.

 

dieta mediterranea

Perchè la dieta mediterranea è quella più sana

Febbraio 28th, 2019 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Perchè la dieta mediterranea è quella più sana”

Un’alimentazione sana ed equilibrata dal punto di vista nutrizionale, in grado di ridurre l’incidenza di malattie cardiovascolari, tumori, diabete e disturbi alimentari, nonché di rallentare il declino cognitivo tipico dell’invecchiamento. Stiamo parlando della dieta mediterranea, un regime sostenibile non solo per la salute ma anche per l’ambiente, in quanto fondato prevalentemente su alimenti di origine vegetale e al rispetto della stagionalità dei prodotti, delle tradizioni locali e della biodiversità.

Cosa si intende per dieta mediterranea?

La dieta mediterranea è l’insieme delle abitudini alimentari dei popoli del bacino del Mediterraneo, che si sono consolidate nei secoli e sono considerate un vero e proprio stile di vita. La dieta mediterranea privilegia i carboidrati complessi (pasta e pane), mentre limita l’assunzione di zuccheri semplici (glucosio, lattosio e saccarosio – ovvero zucchero, miele e dolci). Fondamentale in questo regime alimentare la presenza di frutta, verdura e legumi, che apporta un’elevata quantità di fibre che garantisce sazietà. Inoltre il basso carico glicemico dei cibi permette un miglior controllo del metabolismo. Per quanto riguarda i grassi, la maggior parte deriva da fonti vegetali, che non sono dannosi per il nostro corpo, come ad esempio l’olio d’oliva.

La dieta mediterranea prevede il consumo abbondante di alimenti come:

  • frutta;
  • verdura;
  • cereali integrali;
  • olio di oliva.

Le caratteristiche di questa dieta prevedono anche un consumo moderato di pesce, carne bianca, latticini e uova. Rispetto alle diete di altre zone del mondo, il consumo di carne rossa è limitato.

L’olio d’oliva

Per garantire l’apporto di grassi, tra i popoli del Mediterraneo è diffuso il consumo di olio d’oliva, che contiene grassi di qualità superiore, meno nocivi di quelli animali, anzi salutari per l’organismo. La dieta mediterranea è proprio l’olio ad alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi.

olio d'oliva salento

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