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La “fucazza de Carnevale”: il carnevale salentino a tavola

Febbraio 21st, 2022 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “La “fucazza de Carnevale”: il carnevale salentino a tavola”

L’atmosfera che il Carnevale regala è unica nel suo genere, complici la fantasia delle maschere, l’allegria portata dai carri e il sapore autentico ed inconfondibile dei piatti tipici che, in pochi morsi, sono in grado di farci tornare bambini. Ogni regione vive il Carnevale a modo proprio, l’Italia dunque è costellata di tradizioni locali uniche, tutte da scoprire. La “fucazza de Carnevale” ad esempio, è un tipico piatto di questo periodo e si prepara a Lecce e dintorni.

Storia del Carnevale in Salento

Nel Salento questa festa è particolarmente sentita, in quanto le sue origini affondano le radici in epoca pagana e precristiana.

Le tradizioni introdotte in quelle epoche vennero poi riprese nel Novecento, più precisamente nel 1954, quando i primi carri allegorici cominciarono a sfilare per le strade. Fra questi carri, seguito da un gruppo di “chiangimorti” cioè le lacrimatrici, spicca quello di Teodoro, detto “lu Titoru”.

La sua maschera, assieme a quella di madre Caremma, è tipica del Carnevale salentino, ci spiega il nostro chef Totu. La leggenda racconta che al ritorno dal militare, il giovane Teodoro chiese alla madre di preparargli un piatto di polpette. Queste però erano così buone che Teodoro le mangiò con troppa foga e si soffocò, morendo.

Questo è il motivo per il quale il suo carro è accompagnato dalle lamentatrici. Non c’è da stupirsi che Teodoro sia caduto vittima della propria ingordigia, viste le prelibatezze che offre la cucina salentina, specialmente nel periodo del Carnevale.

Le ricette tipiche

Ce n’è per tutti i gusti: per gli amanti del dolce si va dalle classiche e immancabili chiacchiere ai più tipici e particolari cannelloni di Carnevale. Croccanti involucri a base di tuorlo d’uovo ripieni di impasto di mandorle tostate, ricotta schiacciata, zenzero e cannella, il tutto servito con una spolverata di zucchero a velo.

Per chi ama il salato, invece, il piatto per eccellenza è la cosiddetta “fucazza de Carnuale”, immancabile sulle tavole salentine nel periodo del Carnevale. Preparata in antichità dalle massaie salentine, si tratta di una torta salata dal ripieno ricco e gustoso. Viene consumata soprattutto il Martedì Grasso, ma è adatta ad ogni periodo. Infatti, un piatto versatile, delizioso sia come pasto completo che come antipasto. Inoltre, la sua è una preparazione semplice, che richiede però le doverose attenzioni per ottenere il massimo risultato.

Ricetta della fucazza de Carnevale

L’impasto è lo stesso della pizza: farina, acqua, sale, lievito con un pizzico di zucchero, per una pasta dalla fragranza inconfondibile che fa da scrigno ad un ricco ripieno a base di polpa di maiale, pecorino grattugiato, mozzarella e pomodorini. Il tutto salato e pepato a dovere per dare quella marcia in più.

L’impasto viene poi arricchito con un giro d’olio da spennellare in superficie. Basterà farla cucinare in forno per 60 minuti per ottenere una superficie dorata e croccante, pur mantenendo l’impasto morbido e fragrante grazie alla lievitazione.

La fucazza de Carnuale è una pietanza già deliziosa di per sé. Ma se preparata con ingredienti accuratamente selezionati e con attenzione perigliosa per ogni procedimento, può veramente fare il salto di qualità definitivo. Se poi si considera di assaggiarla in un locale dove si respira l’aria semplice e autentica tipica dell’accoglienza salentina, come La Vecchia Osteria, l’esperienza raggiunge il suo apice di godimento!

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I Messapi: le tradizioni gastronomiche degli antichi abitanti del Salento

Gennaio 31st, 2022 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “I Messapi: le tradizioni gastronomiche degli antichi abitanti del Salento”

Gli abitanti del Salento ancora oggi continuano a tramandare di generazione in generazione le antiche tradizioni gastronomiche dei messapi.

I messapi giunsero in Italia agli inizi dell’età del ferro per scappare dalle invasioni nemiche. Il termine messapi deriva da Messapia, tradotto come “terra di mezzo, tra i due mari” che sta ad indicare proprio la penisola salentina.

Il popolo dei Messapi è noto soprattutto per le sue abitudini alimentari. Loro preferivano infatti, una dieta varia costituita soprattutto da verdure, cereali, legumi, carne, erbe selvatiche spontanee e formaggi. I Messapi utilizzavano tutti questi ingredienti, ricreando spesso ricette molto salutari.

Tradizioni gastronomiche dei Messapi

I piatti tipici che ancora oggi vengono preparati sono ad esempio: la bruschetta con la scarola leccese e il formaggio di capra, la zuppa di cicerchia o la torta alla ricotta. Poi ci sono ancora i fagottini ripieni di scamorza e menta e la carne alla pignatta.

I messapi ci tenevano molto alla preparazione dei piatti, infatti dedicavano molto del loro tempo alla coltivazione degli ingredienti. Un’attenzione particolare veniva data alle viti e quindi di conseguenza dell’uva. Tutti questi prodotti, soprattutto il vino e l’olio, venivano poi commercializzati lungo tutte le coste del Mediterraneo.

Messapi: tra storia e presente

Ecco perché per i salentini è molto importante la storia dei Messapi. Chef Totu ci racconta che è grazie alla loro cucina e all’amore per la coltivazione degli ortaggi se oggi possiamo gustare alcune delle ricette tradizionali che piacciono in tutto il mondo. La produzione vinicola salentina costituisce un importante e fondamentale elemento per quanto riguarda il settore agroalimentare a livello nazionale. Un altro pezzo importante tramandato da secoli!

Il vino locale ancora oggi è chiamato in dialetto salentino “Mieru”, termine che deriva dall’antica parola utilizzata da Romani e Greci “Merum” per indicare il vino, questa parola a sua volta deriva dall’espressione “mir” utilizzata per indicare una cosa buona.

Ricette antiche

Ora arriviamo alla pratica. Ci facciamo spiegare dal nostro chef come si preparano questi piatti tanto semplici quanto gustosi. La bruschetta di scarole e formaggio di capra. Possiamo definirlo un piatto semplice e genuino proprio per i pochi ingredienti che caratterizzano il piatto. Per la preparazione basterà mettere a bollire dell’acqua sul fuoco con una pentola, aggiungere e far cuocere la scarola tagliata precedentemente e cuocerla per soli 5 minuti. Si fa poi saltare in padella con aglio e olio per circa mezz’ora. Intanto bisogna preparare il pane, metterlo su una piastra antiaderente e tostarlo. Si passa poi alla composizione: bisogna mettere scarole e ricotta di capra sulla fetta di pane tostata e gustare questo genuino, pratico e veloce antipasto.

Altro piatto tipico è la zuppa di cicerchie, ha anch’esso una preparazione facile e rapida ed è di basso costo. È un piatto caldo ideale per i primi tempi freddi, appunto perché si tratta di una zuppa, minestra. Le cicerchie sono dei legumi ricchi di fibre e proteine con un sapore delicato, sembrano un mix tra piselli e fave.

Prima di passare alla preparazione vera e propria del piatto, bisogna mettere in ammollo questi legumi per almeno 24 ore e cambiare l’acqua ogni tanto, poi basterà scolarli e tenerli da parte. Intanto preparare in una seconda pentola un trito di cipolle e sedato e soffriggete con dell’olio extravergine d’oliva per qualche minuto. Dopo si aggiungono le zucchine, le patate, i pomodori e la cicerchia, sale e pepe qb. Di tanto in tanto bisogna mescolare il tutto e aspettare che si cuocia per circa un’ora con l’aggiunta periodica di acqua. Aggiungere le spezie aromatiche, impiattate e gustate.

Buon appetito!

Il vincotto: una tradizione che rende deliziosi i piatti del Salento

Gennaio 28th, 2022 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Il vincotto: una tradizione che rende deliziosi i piatti del Salento”

I prodotti tipici della Puglia sono numerosi e sicuramente avrai sentito parlare anche del vincotto! Un particolare e versatile condimento che viene usato per esaltare il sapore delle pietanze specialmente durante le feste. Le origini del vincotto sono molto antiche e ancora oggi viene preparato rispettando la ricetta originale a base di mosto d’uva o fichi. Ma vediamo insieme al nostro chef Totu la storia e come si prepara questo condimento tanto amato dai Leccesi.

La storia e la ricetta del vincotto

Conosciuto anche come “cotto” o “cuettu”, il vincotto pugliese si ricava delle uve locali di Primitivo, Negroamaro e Malvasia. Questo condimento, che viene realizzato anche in altre zone d’Italia con procedimenti simili a quelli leccesi ma con altre varietà d’uva. Era usato nell’antica Roma come ingrediente per addolcire carni e torte. Per creare bibite energiche e piacevoli al palato, spesso veniva usato il vincotto insieme all’acqua.

La lunga cottura del mosto d’uva è la fase che in tanti casi può arrivare fino a 12 ore!  In fase di ebollizione l’acqua tenderà ad evaporare, senza alterare la quantità di sali minerali e zuccheri. Quest’ultimi racchiudono principalmente glucosio. Esiste anche una versione a base di fichi con un colore tendente al rubino scuro e una sapore maggiormente intenso.

I numerosi utilizzi

Diversamente da quello che si potrebbe pensare, il vincotto è un condimento che non serve solo a valorizzare il gusto dei piatti tipici salentini. Perfetto con i dolci come le cartellate, si usa anche per accompagnare i taralli neri foggiani, il torrone ma non solo.

Uno degli abbinamenti che riscuotono maggior successo è quello con la ricotta fresca. Oltre che con altri formaggi a pasta molle. Puoi anche sposare il vincotto con i salumi, specialmente con il prosciutto crudo e lo speck per realizzare antipasti dal sapore unico e inimitabili.

Yogurt, gelato, frutta fresca e biscotti sono altri prodotti che possono essere conditi con il vincotto, molto utilizzato anche per creare bibite e drink. Del resto le caratteristiche di questo vino, soprattutto l’elevato contenuto di polifenoli, lo rendono adatto non solo agli adulti, ma anche ai bambini. Questo spiega come mai viene consigliato per trattare i malanni di stagione, ovvero influenza e tosse, oltre che come balsamo lenitivo per la cute dei neonati.

Altre curiosità di chef Totu

Come anticipato il vincotto del Salento vanta una lunga storia e in passato veniva mescolato alla neve per poi essere mangiato davanti al focolare. Per la preparazione dovrai procurati un’ampia pentola in rame o acciaio in cui effettuerai l’operazione di bollitura che porterà alla pastorizzazione, quindi alla riduzione della massa.

Il risultato è quindi un liquido abbastanza denso che dovrà essere imbottigliato in vetro quando è ancora ben caldo. Una volta chiuso ermeticamente dovrai lasciarlo raffreddare per il tempo necessario. Quanto ai tempi di conservazione, in genere questa bevanda resiste fino a 12 mesi. Così da poter essere utilizzata in ogni stagione per condire ogni tipo di piatto dolce o salato.

Perché in inverno è più importante rispettare la stagionalità degli alimenti

Dicembre 29th, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Perché in inverno è più importante rispettare la stagionalità degli alimenti”

Lecce è una città ricca di tradizioni culinarie, con alcuni piatti tipici estremamente deliziosi, caratteristici e ricchi di nutrienti importanti per il nostro organismo. Chef Totu s’impegna ogni giorno a rispettare la stagionalità degli alimenti all’interno del suo locale.

Frutta e verdura, ad esempio, sono presenti in svariati piatti tipici leccesi. Apportano al nostro organismo una grande quantità di vitamine, in grado di aiutare il sistema immunitario. Senza dubbio ciò può essere particolarmente utile in inverno. Il periodo dove statisticamente c’è maggiore rischio di andare incontro a influenze.

L’importanza della stagionalità degli alimenti per la nostra salute

Sebbene ormai possiamo trovare al supermercato qualsiasi alimento in qualsiasi periodo dell’anno, rispettare la stagionalità specialmente per frutta e verdura, è un aspetto purtroppo sottovalutato e a cui bisogna porre grande attenzione. Un frutto tipico dell’estate per essere messo in commercio in inverno comporta un aumento del consumo di prodotti da serra. Con un elevato contenuto di conservanti, come ad esempio gli antimicrobici.

Sotto quest’ottica, quindi, rispettare la stagionalità ha effetti concreti anche nel rapporto con l’ambiente. Permettendoci di nutrirci con prodotti di qualità superiore ad un prezzo inferiore. Lo stesso chef Totu propone ai clienti piatti tipici ideali per il periodo attuale.

Rispettare la stagionalità degli alimenti non è solo utile in ottica ambientale ma anche e soprattutto per il nostro organismo. Come già accennato in precedenza dobbiamo seguire una dieta il più possibile varia. Per apportare tutti i macronutrienti e i micronutrienti fondamentali per lo svolgimento delle funzioni biologiche del nostro organismo.

Anche per ogni periodo stagionale specifico, quindi, abituare il corpo a determinati alimenti piuttosto che ad altri può essere una scelta vincente. E ciò può esserci fornito proprio dalla frutta e dalla verdura, molto variegata.

Gli alimenti in base alle stagioni

In inverno, per esempio, il freddo e le varie influenze mettono a dura prova il nostro sistema immunitario, pertanto, avere delle forti barriere difensive è di grande aiuto. Consumare alimenti ricchi di vitamina C diventa quindi molto utile, come ad esempio mandarini, arance, kiwi, mele, cavolfiori, broccoli, cavoli e molto altro ancora.

La primavera è il periodo successivo dove depurare l’organismo dalle scorie e tossine accumulate durante l’inverno, e proprio per questo tra gli alimenti consigliati in questa fase dell’anno troviamo carciofi, fragole, asparagi ecc., tutti caratterizzati da un effetto diuretico e depurante.

L’estate, come noto da tutti, è dominata da quegli alimenti ricchi d’acqua e sali minerali, per idratare il corpo e rinfrescarci contro le afose temperature del periodo. Dominano quindi i meloni, angurie, pesche, zucchine e molto altro ancora.

In autunno, infine, patate, castagne, zucche, cachi possono essere di aiuto per il nostro organismo come deposito di carboidrati e proteine, per preparare il corpo ad affrontare al meglio il rigido periodo invernale. I ciceri e tria, un piatto tipico che chef Totu prepara spesso, è l’ideale per questo periodo, visto l’ottimo quantitativo di nutrienti, la pesantezza non eccessiva e il sapore intenso ottenuto.

I piatti preferiti di chef Totu per la festa di San Martino

Novembre 8th, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “I piatti preferiti di chef Totu per la festa di San Martino”

San Martino è la festa che ricorda la leggenda del Santo di Tours che durante una notte gelida scese da cavallo per regalare il suo mantello rosso da soldato ad un poverello incontrato lungo la strada. Da moltissimi anni ormai, l’11 novembre si è soliti festeggiare questa ricorrenza. Per ricordare quel senso di carità e gentilezza che all’epoca contraddistinse il Santo.

In alcune regioni, soprattutto in Sicilia, Calabria e Puglia, questa festività è particolarmente sentita. Per i contadini era e lo è tuttora, la data che segna l’inizio dell’inverno, dove si è soliti anche gustare il vino novello. L’ apertura delle botti coincide con l’inizio della festa.

Nel territorio salentino, la festa di San Martino è inserita nella tradizione popolare. La cena inizia imbandendo la tavola con moltissime pietanze pugliesi. Le pittule e le castagne, ad esempio sono le componenti culinarie fondamentali. Vengono entrambe accompagnate dal buon vino novello fatto in casa.

Una vera e propria occasione per ritrovarsi assieme alla famiglia e amici e passare ore spensierate tra buon cibo, vino e il tepore del caminetto. D’altra parte, è davvero molto difficile dire di no ad un buon calice di vino fatto in casa accompagnato da caldarroste appena tolte dalla brace e ad altre gustosissime pietanze.

Le pittule

Per chef Totu, in occasione di questa tradizionale cena di San Martino, non possono ovviamente mancare sulla tavola le pittule. Lui predilige quelle alla pizzaiola! Si possono preparare in vari modi, con il cavolfiore, con le rape, semplici ed anche con lo zucchero. Per chi non le conoscesse, si tratta di palline di pasta lievitata molto morbide che vanno fritte in olio extravergine d’oliva bollente. Possono essere dolci oppure salate da accompagnare con l’intingolo che più piace. Totu ci racconta di quando da bambino, prendeva le pittule di nascosto perché non riusciva ad aspettare l’ora di cena. Dice: “Le passavo da una mano all’altra perché erano ancora molto calde, a me piacevano così”.

Grigliata di carne

Dall’antipasto si passa direttamente al secondo di carne: salsiccia arrostita dolce e piccante. La tradizione, infatti prevede che le pietanze principali siano dei piatti a base di carne e questa ricetta è una vera chicca della storia della cucina pugliese. Si prepara la brace sin dal pomeriggio, si crea l’atmosfera giusta per la grande grigliata di carne della sera.

Al secondo di carne, c’è anche un’alternativa! Le favenette con le cicurredhre e il pane tostato. Si tratta di un purè di fave con al centro della cicoria saltata e del buon pane per accompagnare. Entrambi i secondi prevedono lo stesso contorno: rape ‘n fucate! Ovvero cime di rapa stufate.

Le castagne per la festa di San Martino

All’ interno del menù non possono mancare le buonissime castagne arrostite al fuoco. Il momento più bello e intimo della serata, secondo chef Totu. Ci si avvicina per controllare la cottura delle castagne ma anche per fare delle chiacchiere più personali. Un momento della serata molto piacevole. La tradizione di questo periodo prevede la cotognata leccese, una confettura particolare e saporita di mele cotogne. L’intera cena non può che essere accompagnata da dell’ottimo vino novello prodotto in casa.

Non ci rimane, quindi, che approfittare della festa di San Martino per trascorrere un po’ di tempo in compagnia facendoci incantare dalle meraviglie della tavola pugliese. Buon San Martino a tutti!

Tradizioni d’autunno: è il momento delle castagne

Ottobre 27th, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Tradizioni d’autunno: è il momento delle castagne”

Con l’arrivo dell’autunno e dei primi freddi, ci viene subito voglia di gustare delle squisite castagne davanti al fuoco. In questo periodo in Salento c’è l’abitudine di sedersi vicino al camino e farle cuocere lentamente. Accompagnate solitamente con un buon calice di vino rosso.

In tempi più remoti, le nostre nonne arrostivano le castagne sul braciere. Di solito dopo la cena, ci si metteva intorno ad esso e tra una chiacchiera ed un’altra si gustavano le caldarroste. Anticamente le castagne costituivano un ingrediente ricorrente nella cucina locale, poiché nel corso dell’autunno crescevano spontaneamente. Fungevano addirittura da baratto nel corso delle compravendite con gli altri territori limitrofi.

Data la loro bontà e particolarità, erano diventate moneta di scambio per la buccia molto dura e il sapore intenso. Ancora oggi è molto ricercata!

La zona di raccolta delle castagne

In realtà, raccolta di questo frutto non avviene direttamente in Salento. Per crescere adeguatamente il castagno ha bisogno di essere piantato a circa 700 metri dal livello del mare.
Pertanto, ancora oggi le castagne vengono importate dai luoghi montuosi vicini e gustate in compagnia della propria famiglia, cotte al camino. In alternativa, si è soliti cucinare le castagne all’interno di deliziose ricette tradizionali, dalle quali è possibile prendere spunto per un pranzo o una cena gustosi.

Ricette a base di castagne in autunno

Ecco un’idea semplice per mangiare le castagne, che richiede del tempo per essere preparata, ma è la preferita del nostro chef perchè rimanda alle antiche tradizioni salentine. Ci riferiamo alle castagne secche, le cosiddette Pastiddhre che in passato rappresentavano il tipico pasto dei lavoratori al rientro dal lavoro nelle fredde giornate d’inverno. La lunga conservazione e il prezzo modico, le rendevano un piatto ideale. Una volta cotte infatti, le castagne secche hanno il potere di riscaldare e rinvigorire, con gusto. Chef Totu ancora ricorda che da bambino era solito prenderne una manciata prima della cottura, per sgranocchiarle durante il gioco.

Un altro modo di gustare le castagne se siete amanti della semplicità a tavola, è quello di cuocerle all’interno della pignatta, aggiungendo dei gustosi fagioli che forniscono una nota di sapore ulteriore all’intera composizione.

Una ricetta davvero originale e tipica è poi la minestra di castagne. Con il suo calore riuscirà a scaldare anche le giornate più fredde. Il primo passo da compiere per prepararla è quello di lasciarle a bagno una notte nell’acqua, facendo attenzione a rimuovere la pelliccia rossa che è rimasta attaccata.
Versatele poi in una pignatta insieme ad una generosa dose di acqua calda, un filo di olio extra vergine di oliva, prezzemolo tritato e sale quanto basta. Lasciate insaporire il tutto finché le castagne non avranno assunto una consistenza morbida e schiacciatele con una forchetta, in modo che si crei una crema densa e deliziosa. Servitela ancora calda e accompagnatela con dei crostini precedentemente abbrustoliti in forno.

I piatti della tradizione sono sempre una garanzia. Per questo Chef Totu cerca di raccontare tutto ciò tramite i suoi piatti.

L’arte culinaria leccese: le sagne ‘ncannulate

Agosto 31st, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “L’arte culinaria leccese: le sagne ‘ncannulate”

Il Salento offre delle scelte culinarie davvero gustose, capaci di soddisfare ogni tipologia di palato. Non a caso Salento e buon cibo sono sempre collegati tra loro! Sono molte le ricette tipiche di questa zona, ma il piatto che non può assolutamente mancare sulle tavole dei salentini sono le sagne ‘ncannulate. Proseguendo nella lettura di quest’articolo, scoprirai tutti i segreti di questo magico piatto, capace di rendere felice chiunque lo gusti.

Le sagne ‘ncannulate: uno squisito primo piatto

È da sempre risaputo come le massaie salentine tengano per loro segreti magici, capaci di regalare ai loro piatti sapori quasi inimitabili. Più precisamente, le sagne ‘ncannulate, che in alcune zone del basso Salento vengono chiamate sagne torte (ritorte), non sono altro che la pasta fatta in casa, a forma allungata e attorcigliata, molto simile alla tagliatella, che viene prodotta con specifici movimenti delle mani.

La tradizione delle lasagne a nastro è molto diffusa in Italia, partendo dalle pappardelle toscane, fino alle lasagne della Lucania. Tuttavia, seppur molto simili, le sagne ‘ncannulate sono le uniche a non prevedere l’aggiunta di uova. Per realizzarle, andranno uniti farina di semola di grano duro, sale e acqua, fino a creare un impasto morbido, liscio all’esterno, dal quale andranno poi ricavate delle striscioline di pasta, le quali dovranno essere arrotolate intorno al dito e ritorte. In maniera tale da farle diventare appunto ‘ncannulate.

Sugo e ricotta: un condimento tradizionale per questo piatto

I pugliesi si rivolgono alla ricchezza del loro territorio anche per la realizzazione dei condimenti. L’abbinamento tradizionale delle sagne ‘ncannulate è quello con sugo e ricotta. La Puglia è la regione che detiene il maggior numero di varietà di pomodori su tutto il territorio nazionale. Il misto di sapori dati dal sugo e dalla ricotta farà sì che le sagne assorbano un gusto forte e deciso, in grado di soddisfare anche i palati più raffinati.

La cucina tradizionale è il punto forte de La Vecchia Osteria! Chef Totu infatti, ama far assaporare ai propri clienti il vero Salento. Prepara dei piatti unici e dal sapore inimitabile, come ad esempio, le sagne ‘ncannulate. Gustarle da veri maestri della cucina salentina renderà tutto molto più interessante e piacevole.

Dopo aver avuto queste informazioni, non potrai più esimerti dal mangiare le sagne ‘ncannulate, capaci di regalarti momenti di massimo piacere per te e per il tuo palato.

La nascita della frisella salentina e la sua evoluzione

Luglio 29th, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “La nascita della frisella salentina e la sua evoluzione”

Friseddhra è il termine originario di quella che tutti conosciamo come frisella o addirittura frisa. Tradizione povera del Salento e dalle origini molto antiche. Infatti, nasce dalla necessità dei contadini di avere sempre in casa un alimento nutriente che andasse a sostituire il pane fresco, considerato un lusso per pochissimi.

La nascita della frisella salentina

La frisella ha un impasto formato da sale, acqua, lievito e farina di grano duro. A volte viene fatta anche con la farina d’orzo. Quest’ultima, molto più povera, solitamente veniva impiegata come alimento per il bestiame ma molto nutriente. Le farine raffinate erano solo per i nobili e i signori. I contadini invece, utilizzavano l’orzo e il grano duro per ottenere un pane dalla consistenza compatta e grezza, ma dal gusto deciso e molto nutriente.

La cottura della frisella è molto interessante. Inizialmente la si faceva cuocere all’interno del forno a legna tradizionale, quando veniva acceso una volta a settimana per cucinare ciò di cui si aveva bisogno. Il forno veniva portato a temperature elevate, fino a 400 gradi e alimentato con della legna molto secca, come ad esempio rami di quercia o di ulivo. Una volta ottenuta la brace, con dei ramoscelli verdi venivano spostate in un angolo e adagiato il pane sul fondo, ben coperto fino alla fine della cottura. Quando il forno veniva spento, si lasciavano le friselle al suo interno, tagliandole a metà in modo da renderle asciutte e dure. In questo modo potevano essere conservate per addirittura diversi mesi.

La sua evoluzione

Oggi, proprio come un tempo, la frisella si fa rinvenire nell’acqua per ammorbidirla quanto basta. In dialetto salentino questa tecnica viene chiamata “sponzare”. Ecco che ottenuta la morbidezza, la frisella è pronta per essere condita a proprio piacere.

Sapete come piace gustarla al nostro chef Totu? Nel modo classico: olio e pomodoro fresco tagliato a cubetti! Ma la sua preferita in assoluto la condisce con i pomodorini saltati in padella (li pummidori schiattariciati).

In quest’era moderna è nata anche la frisella gourmet come, per esempio con il polpo scottato e molto altro.

Tradizionalmente, la prima frisella dell’anno non viene mangiata in estate, come si crede, ma tra febbraio e marzo quando cominciano a comparire le prime rucoline selvatiche. Da questo periodo dell’anno, sulle tavole salentine la frisella non manca mai! Il condimento tradizionale per eccellenza è con il seme di pomodoro fiaschetto, un pizzico di sale grosso ed una generosa dose di olio extravergine di oliva.

Chef Totu ci racconta come nasce la puccia leccese

Giugno 23rd, 2021 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Chef Totu ci racconta come nasce la puccia leccese”

La città di Malennio, così veniva chiamata Lecce nel XIII secolo in nome del re dei Salentini, Malennio, è in grado di stupire e ammaliare ogni visitatore. Questa scoperta e molto importante poiché ci permette di comprendere le ragioni di una tradizione così radicata: la puccia leccese.

Il Salento, oltre che per la sua storia è famoso per la sua cucina. Nel corso dei secoli i cuochi sono stati in grado di dar vita a piatti gustosissimi e originalissimi, ma soprattutto, sono stati in grado di realizzarli con ingredienti semplici e poveri.

Uno dei piatti più tipici di questa terra è senza dubbio la puccia Leccese. Questa pietanza è una vera e propria leccornia che si dispone a pari posto dei caffè in ghiaccio con il latte di mandorla, afferma il nostro Chef Totu! Una pietanza da assaggiare ad ogni costo, oltre che essere un piatto gustosissimo ad ogni morso è possibile assaporare un pezzo di storia, un’esperienza unica.

Cos’è la puccia leccese?

La puccia leccese è essenzialmente pane che grazie ad una lavorazione molto particolare, risulta avere meno mollica. Il suo diametro solitamente varia tra i venti o trenta centimetri e, proprio grazie all’assenza di mollica al suo interno, diventa molto semplice imbottirle e creare in questo modo un panino decisamente ricco.

Questa preparazione, sebbene originaria di Lecce, è ormai diffusissima in tutto il Salento. Come molti cibi della tradizione, la puccia è un piatto povero, di strada, nato dalla necessità di utilizzare ingredienti semplici che fossero in grado di dare origine a qualcosa di straordinario. La lavorazione che consente di ridurre la percentuale di mollica permette di utilizzare meno pasta. Una caratteristica molto importante quando secoli fa le carestie imponevano un razionamento delle risorse alimentari. Questa, unita alla farcitura realizzata con gli alimenti tipici della tradizione ovvero zucchine, peperoni, cime di rapa, salumi e latticini, hanno permesso di rendere questo cibo accessibile a tutti favorendone, nel corso del tempo, la diffusione. Insomma, un piatto semplice che sazia e appaga il gusto.

Una storia di successo!

La storia della puccia Leccese, come abbiamo già visto in precedenza, è contornata dalla semplicità e dalla povertà. Ebbe inizio a Trepuzzi, piccolo centro poco lontano da Lecce.

Il pizzaiolo Giovanni Caccetta decise, dopo aver formato e pirlato l’impasto della pizza, di cuocerlo direttamente nel forno a legna. La cottura a temperature elevate consente di creare un pane più duro di quello caratteristico con meno mollica e facile da riempire. Nacque così, la puccia leccese.

Le varianti di questo gustosissimo piatto sono molteplici e si concretano nella “puccia caddhipulina”. Questa puccia, a differenza della variante leccese, è realizzata con una percentuale maggiore di mollica. Questo consente di creare un panino più morbido e di conseguenza, di dimensioni maggiori. Un piatto povero, semplice, ma come tutti i piatti della traduzione gustosissimo!

Chef Totu ortaggi km 0

Ecco lo chef contadino di Lecce: l’orto è la dispensa del suo ristorante

Luglio 8th, 2020 Posted by Cucina Tipica Salentina 2 thoughts on “Ecco lo chef contadino di Lecce: l’orto è la dispensa del suo ristorante”

Una cucina particolare quella di Chef Totu che si degusta nel suo rinomato ristorante La Vecchia Osteria a Lecce.

Non usa ingredienti segreti e la sua cucina è quella tipica salentina fedele a ricette antichissime. Eppure un segreto c’è e qui ve lo sveliamo!

verdura la vecchia osteria lecce

«Nei miei piatti voglio trasmettere la sensazione di passeggiare nell’orto. I miei clienti più affezionati lo sanno bene: ricordano un sapore preciso e quando prenotano mi chiedono se sarà possibile assaggiare nuovamente quella determinata verdura. Ma tutto dipende dalle stagioni».

«La grande cucina si fa nel campo», ripete il custode delle tradizioni della cucina del Salento. Siamo ben oltre il concetto di localismo e chilometro zero. In ogni regione d’ Italia (e ancora di più all’ estero) crescono i ristoranti con un “back garden”, non solo in campagna e in provincia ma anche nei (quasi) centri cittadini.

Non è solo una moda: mangiare cibo sano è sempre più una necessità e una precisa scelta, per molti. La filosofia del km 0 è portata avanti da molti ristoratori, proprio per offrire freschezza e qualità e prodotti strettamente locali.

Cosa significa “cibo a km 0”

Il cibo a km 0, detto anche “a filiera corta”, non viene importato da lontano, ma arriva dallo stesso territorio del luogo in cui viene consumato. In questo modo, si evitano passaggi come il trasporto, il lavaggio industriale e la fase di packaging.

verdure ristorante lecce
La cucina di Chef Totu punta sul km 0

A La Vecchia Osteria viene proposta una cucina locale incentrata sulla tradizione, a base di prodotti tipici a km 0, che vuole trasmettere quotidianamente il valore del cibo genuino.


Da sempre, la materia prima fresca è il cuore del ristorante di Chef Totu e della sua famiglia, che hanno fatto del territorio e della tradizione il loro punto di forza. Protagonisti del menù de La Vecchia Osteria, ristorante nel cuore del centro storico di Lecce, a due passi da piazza Sant’Oronzo, piatti preparati utilizzando esclusivamente con prodotti locali, coltivati e appena raccolti negli orti di Chef Totu, senza aver dovuto affrontare lunghi viaggi in autostrada.

raccolta verdure ristorante lecce

peperoni melanzane ristorante lecce

orto ristorante lecce

Inoltre, tutti gli alimenti utilizzati sono stati coltivati seguendo il ritmo delle stagioni e senza l’uso di pesticidi. In tavola, ai clienti, viene offerto un menù sempre diverso, che cambia a seconda della stagione e dei prodotti che il territorio offre in quel determinato periodo dell’anno. Anche questo è uno degli aspetti speciali de La Vecchia Osteria!

zucchine ristorante lecce

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