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Tavole di San Giuseppe-La Vecchia Osteria

La massa di San Giuseppe: storia e tradizione del piatto tipico salentino

Marzo 16th, 2023 Posted by Cucina Tipica Salentina, Tradizioni salentine 0 thoughts on “La massa di San Giuseppe: storia e tradizione del piatto tipico salentino”

La massa di San Giuseppe o Ciceri e tria è un piatto molto apprezzato nel Salento, dove viene consumato tutto l’anno, e in particolare durante la festa di San Giuseppe, il 19 marzo, quando la tradizione vuole che si prepari un’abbondante tavolata in onore del patrono.
La massa di San Giuseppe è strettamente legata alle cosiddette Tavolate salentine, una delle tradizioni più radicate in tutti i comuni del Basso Salento.

In questa occasione, i ciceri e tria vengono serviti come primo piatto, seguito da altri piatti tipici della tradizione del territorio.

Ne La Vecchia Osteria da Totu i ciceri e tria rappresentano in assoluto uno dei piatti più richiesti e amati dai nostri clienti.
Un primo piatto che conserva tutti i sapori e i profumi della tradizione contadina salentina.

 

Tra contaminazioni arabe e greche: le origini di un piatto antichissimo

Risalire alle origini dei Ciceri e tria risulta particolarmente complicato, ma siamo in possesso di diverse informazioni che ci permettono di affermare che l’origine del consumo di questo piatto è particolarmente datata.
Nelle sue Satire, il poeta latino Orazio, scriveva del suo piacere nel tornare a casa e gustare “i ceci con le legane”, riferendosi proprio a quelli che oggi conosciamo come ciceri e tria.

Difficile anche stabilire con esattezza le origini del nome di questo piatto. Se è chiaro che “ciceri” è la parola del dialetto salentino per definire i ceci, meno immediata è l’etimologia del termine “tria”.
Esistono a tal proposito due differenti scuole di pensiero.
Alcuni studiosi sostengono che il termine “tria” derivi dalle parole arabe “Itriyah”, “Alatriya”, o “Itriyya”, ovvero pasta secca o pasta fritta. Altri ritengono che derivi dal greco “Itriom”, parola che indica gli impasti a base di farina e acqua.

Come già detto, i ciceri e tria vengono definiti anche “massa di San Giuseppe”. Il motivo è legato al fatto che questo piatto veniva solitamente preparato in occasione del 19 marzo, e rappresentava una delle portate principali delle cosiddette Tavolate di San Giuseppe.

 

 Le tavolate di San Giuseppe: una tradizione tutta salentina

La tavolata di San Giuseppe è una tradizione culinaria molto diffusa nel Salento, e in particolare nei comuni in direzione di Otranto, che viene celebrata il 19 marzo di ogni anno in onore di San Giuseppe.

La tavolata è un’occasione per riunire familiari e amici intorno ad un grande tavolo, dove viene allestito un ricco banchetto con piatti tipici della tradizione salentina, tra cui i ciceri e tria o massa di San Giuseppe, le pittule, il pesce fritto, il cavolfiore. Ma sulle tavolate c’è spazio anche per i dolci tipici salentini, come le ‘ncartiddate, i mustazzoli e le zeppole di San Giuseppe.

La tavolata di San Giuseppe non è solo un’occasione per gustare le prelibatezze della cucina salentina, è anche un momento di preghiera e di devozione verso San Giuseppe, considerato il patrono dei lavoratori e delle famiglie.

Infatti, durante la tavolata, si recita la preghiera a San Giuseppe e si invocano le sue benedizioni per la propria famiglia e per il lavoro. Inoltre, si allestiscono degli altari in onore di San Giuseppe, con fiori, candele e oggetti simbolici come il pane, il grano e la zappa.

 

La massa di San Giuseppe: la ricetta e i segreti per prepararla

I ciceri e tria sono uno dei piatti forti del nostro Chef Totu. Si tratta di un primo piatto nutrizionalmente completo in cui la tradizione e la semplicità dei prodotti tipici locali emergono in tutta la loro estrema bontà.

Chef Totu prepara questo piatto nel pieno rispetto della tradizione, dedicandosi in prima persona alla preparazione delle sagne ncannulate, un particolare formato di pasta dalla forma unica. Si tratta di una sorta di tagliatella ripiegata fatta soltanto con farina di grano duro e acqua.
Una volta avvolte su se stesse, Che Totu lascia riposare le sagne ncannulate aspettando che si asciughino.

Nel frattempo, il nostro chef si dedica alla preparazione dei ceci, precedentemente messi in ammollo in acqua fredda per almeno 8 ore.
Una volta scolati, i ceci vengono messi a cuocere in una pentola con acqua fredda, una cipolla sbucciata e tagliata a metà, uno spicchio d’aglio, il peperoncino fresco, un filo di olio extravergine di oliva e un pizzico di sale. Chef Totu cuoce quindi i ceci per circa 1 ora e mezza o fino a quando saranno morbidi.

Una volta cotti, Chef Totu scola i ceci e mette da parte l’acqua di cottura. In una padella, fa quindi soffriggere altra cipolla tritata finemente e lo spicchio d’aglio in un filo di olio extravergine di oliva. A questo punto, procede aggiungendo i ceci e un po’ dell’acqua di cottura, lasciando cuocere il tutto per circa 10 minuti, aggiungendo altro brodo di cottura se necessario e aggiustando di sale e pepe.

A questo punto Chef Totu è pronto per friggere una parte della pasta, dando vita a quella nota di croccantezza che caratterizzerà il piatto finito.

Una volta cotta la pasta in acqua bollente e salata, Chef Totu la unisce ai ceci, facendo insaporire il tutto per qualche minuto.

A questo punto Chef Totu è pronto per l’impiattamento. La tradizione prevede di aggiungere le trie fritte direttamente nel piatto, guarnendo con olio extravergine di oliva e una spolverata di peperoncino fresco.
E il piatto ora è pronto a lasciare la cucina e far sognare i nostri clienti.

Prova la nostra ciceri e tria e immergiti nei sapori autentici della tradizione salentina.
Vieni a trovarci presso La Vecchia Osteria: siamo in Viale Francesco Lo Re, 9 a Lecce.

gnummareddhi

Gli gnummareddhi: dalla campagna alla brace

Dicembre 16th, 2022 Posted by Cucina Tipica Salentina 0 thoughts on “Gli gnummareddhi: dalla campagna alla brace”

Lecce si distingue per la ricchezza e l’esuberanza del barocco grazie alle sue chiese ed ai suoi palazzi seicenteschi costruiti con pietra leccese.
Conosciuta anche grazie alla sua gastronomia di alto livello, favorisce un’esperienza unica per chi vuole soddisfare il proprio palato.
Un piatto tipico da gustare, per esempio, sono gli gnummareddhi o turcineddi, involtini di interiora come fegato, polmone, cuore e milza, avvolti all’interno del budello di agnello.

Nati nelle aree del sud Italia, la loro dimensione è di due o tre centimetri di larghezza per una lunghezza di circa dodici centimetri.

La storia degli gnummareddhi

I signori feudali, i mezzadri ed i latifondi mangiavano solo le carni pregiate; al popolo spettavano soltanto le frattaglie. Così i contadini delle masserie fecero in modo da far diventare gustosi anche gli “scarti” degli ovini! Li cucinarono in tanti modi diversi e li resero una vera prelibatezza che tutt’ora troviamo nei ristoranti e sulle nostre tavole.

Non si sa per certo se gli gnummareddhi siano nati in un unico posto o contemporaneamente in zone diverse e con diversi modi di preparazione. L’unica cosa certa è che presto sono diventati una pietanza molto amata dai contadini delle masserie che li abbinavano anche a cipolle, peperoni o formaggi di pecora o di capra.

Gli gnummareddhi vengono cucinati di solito sulla griglia con foglie di alloro o rametti d’ulivo e ramagghia, ovvero foglie d’ulivo conservate dopo la potatura e lasciate in balle per vari mesi. Infine, vengono serviti in piatti o in un panino. Il metodo di preparazione di questo piatto non cambia molto nelle varie zone in cui è proposto; ciò che in realtà cambia è la sua denominazione.

Gli gnummareddhi prendono il nome dal latino glomu, glomeris e dal latino antico gnomerru che significa “gomitoletto”. A Foggia, invece, il loro nome è Turcinello che deriva dal verbo “torcere “oppure mboti nel Salento. In Irpinia vengono preparati anche al sugo e li chiamano “mugliatielli”.

Dalla campagna gli gnummareddhi sono diventati una tradizione culinaria, nominati anche in una poesia di Raffaele Chiurazzi che si intitola “O scartellat” il quale paragona un mendicante gobbo ad uno di questi involtini.

Curiosità

Vengono anche mostrati in un film con Rocco Papaleo che si intitola “Basilicata coast to coast” dove un piatto di gnummareddhi fa desistere uno dei personaggi dal proposito di evitare i ristoranti nel viaggio a piedi da Maratea a Scanzano Jonico e solo chi ha sentito il profumo sfrigolante degli gnummareddhi può capire di cosa si tratta.
A seconda della zona di origine gli gnummareddhi vengono prodotti tutto l’anno, oppure mangiati come tradizione pasquale.

Se vuoi degustare il sapore autentico degli gnummareddhi, preparati secondo la tradizione, vieni a trovarci. Da noi troverai tutti i primi tipici della nostra terra, preparati con cura e presentati con maestria!

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